ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 193/2023

14 Maggio 2023

Il PNRR e il rilancio dell’Italia

Gianfranco Viesti e Carmela Chiapperini si chiedono come sarà l’Italia dopo il PNRR. Per rispondere partono dall’esame dei risultati che il nostro paese ha concordato con la Commissione Europea di raggiungere al 2026 e che ricadono in molti ambiti, dalle infrastrutture alle città dalla giustizia alla salute ai servizi destinati ai cittadini. Tuttavia, sostengono gli autori, se il PNRR segnerà l’avvio di una nuova fase dello sviluppo del Paese dipenderà soprattutto dalle politiche nazionali, specie quelle di bilancio e degli investimenti pubblici.

Come sarà l’Italia dal 2026 in poi, dopo il PNRR? Rispondere a questa domanda, che è al centro di un piccolo contributo in libreria in questi giorni. è tanto fondamentale quanto ancora difficile. Molte sono le incognite sul processo attuativo e diverse circostanze possono condizionarne gli impatti di lungo periodo. Dunque, l’esito del Piano è ancora molto aperto anche perchè sarà significativamente influenzato dalle decisioni che nel prossimo triennio si prenderanno relativamente alla realizzazione delle sue diverse misure e alle scelte di politica economica, in particolare di politica di bilancio. 

Per questo sarà importante tenere vivo un attento e approfondito dibattito pubblico nel nostro paese, sia nelle sedi istituzionali sia più in generale nella comunità dei ricercatori e degli analisti e nell’opinione pubblica. La discussione nel nostro paese sul Piano è invece straordinariamente modesta: si è passati da un lungo periodo di unanime e incondizionata approvazione per quanto andava facendo il “governo dei migliori” alle sciatte esternazioni degli ultimi due mesi, improntate al più cupo pessimismo. Ma in un caso come nell’altro, mancavano analisi precise e dati di fatto.

Come sarà l’Italia? Non è facile dirlo. Qualche interessante elemento emerge analizzando dettagliatamente i risultati che il nostro paese ha concordato con la Commissione Europea di raggiungere al 2026. Come noto, nella logica del RRF i pagamenti sono effettuati solo in base al conseguimento di traguardi e obiettivi, concordati ex-ante e temporalmente scadenzati. I traguardi hanno carattere qualitativo e rappresentano le fasi chiave di natura amministrativa e procedurale dell’attuazione di ciascun intervento mentre gli obiettivi si riferiscono al risultato quantitativo che la misura deve raggiungere a una data predefinita. Questo perché il PNRR è un intervento “basato sulle performance”. 

Il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Recovery and Resilience Fund, RRF) introduce per la prima volta su larga scala questo approccio nel rapporto tra Autorità europee e Stati Nazionali. Il relativo Regolamento afferma che “il sostegno finanziario dell’Unione per i piani di ripresa e di resilienza dovrebbe assumere la forma di un finanziamento basato sul conseguimento dei risultati misurati con riferimento ai target intermedi e agli obiettivi indicati nei piani di ripresa e resilienza approvati”. Tuttavia, le stesse definizioni del Regolamento RRF sembrano tradire queste premesse. 

La Corte dei Conti europea distingue quattro categorie di indicatori: di input, di output, di risultato e di impatto. Ora, gli Orientamenti della Commissione europea invitano gli Stati Membri a concentrarsi su input e output: “traguardi e obiettivi devono essere chiari e realistici e gli indicatori proposti pertinenti, accettabili e solidi. Essi possono riflettere diverse fasi di attuazione delle riforme e degli investimenti, sia sulla base di indicatori di input (ad es. risorse fornite, che possono essere finanziarie, umane, amministrative) o preferibilmente indicatori di output (ad es. numero di lavoratori formati, numero di scuole rinnovate). Gli indicatori di impatto (ad es. diminuzione del numero di posti vacanti nel settore delle tecnologie dell’informazione) dovrebbero essere evitati data l’imprevedibilità di tali indicatori e la loro dipendenza da altri fattori al di fuori del controllo dello Stato membro”.

Ne è conseguito che nei Piani degli Stati Membri prevalgono gli indicatori di attuazione (input e output) rispetto a quelli di risultato. Da una recente analisi di Bruegel emerge che gli indicatori di input rappresentano più della metà del totale per la Germania e quasi la metà per la Francia e più di un terzo per i Paesi Bassi e la Spagna. Gli indicatori di risultato sono più elevati nei piani finlandese, italiano e rumeno rispetto agli altri quattro. Nel Piano italiano vi sono 59 indicatori di risultato sui 312 obiettivi complessivi.

Proprio l’analisi di questi indicatori dovrebbe aiutare a comprendere la possibile trasformazione del paese nei prossimi anni, determinata dal PNRR. Certamente emerge un significativo potenziamento infrastrutturale. Si prenda il caso delle ferrovie e in generale della mobilità. Fra gli obiettivi da conseguire vi sono i tratti dei collegamenti ferroviari ad alta velocità; l’equipaggiamento di 3400 km di ferrovia con il sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS); il miglioramento di 1280 km di collegamenti nazionali chiave e di 680 km di linee regionali; la riqualificazione di 38 stazioni. Nelle Zes, al Sud, verranno realizzati 22 collegamenti di ultimo miglio con porti e aree industriali e 15 interventi di logistica o efficientamento energetico. La mobilità sarà potenziata anche con la costruzione di almeno 206 km di infrastrutture urbane di trasporto pubblico (11 di metropolitane, 85 di tram, 120 di filovie e 15 di funivie); 365 km aggiuntivi di piste ciclabili urbane e metropolitane; 3.000 autobus a emissioni zero, e almeno 150 treni a emissioni zero; oltre a 13.000 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici. Simili obiettivi quantitativi si ritrovano anche nei casi delle infrastrutture idriche o delle reti energetiche. 

Interessanti e importanti sono i risultati da raggiungere in ambito urbano. Nel campo della rigenerazione, la rifunzionalizzazione di almeno un milione di m²; pianificazioni integrate in almeno 3 milioni di m² nelle 14 città metropolitane e 800.000 m² di spazi pubblici in aree degradate; la piantumazione di almeno 6.600.000 alberi. Con il superbonus si avranno interventi di ristrutturazione edile per almeno 12 milioni di m²; 30.000 interventi di piccola portata e 5.000 interventi di media di efficientamento energetico. La riqualificazione di edifici giudiziari per quasi 300.000 m². Ma anche l’efficientamento energetico di 55 musei, 230 teatri e 135 cinema. Il patrimonio culturale sarà valorizzato anche attraverso 3.000 interventi su architettura e paesaggio rurale; la riqualificazione di 40 parchi e giardini storici; 300 interventi per la sicurezza sismica nei luoghi di culto; 1.300 interventi di valorizzazione di siti culturali o turistici nei piccoli borghi. 

Vi sono obiettivi nel campo dei servizi destinati ai cittadini. Tre milioni di italiani devono essere profilati, formati e riqualificati nei Centri per l’impiego; due milioni (soprattutto anziani) devono prendere parte alle iniziative dei centri per la facilitazione digitale; 135 mila devono ottenere la certificazione nei sistemi duali di formazione e alternanza con il lavoro e centoventimila quella dopo il servizio civile. Due milioni di residenti in comuni delle aree interne potranno beneficiare delle 2.000 farmacie rurali; almeno 5.000 persone con disabilità beneficeranno del rinnovo dello spazio domestico e la fornitura di dispositivi digitali; 25.000 persone in condizione di grave deprivazione godranno di un alloggio temporaneo grazie ai progetti «Housing First». Oltre 40 milioni di cittadini avranno identità digitali valide sulla piattaforma nazionale. Nella giustizia c’è l’obiettivo di avere un forte abbattimento delle cause arretrate e pendenti nel civile (90% rispetto alla situazione 2019), nell’amministrativo (70%) con una riduzione dei tempi dei procedimenti civili (del 40%) e penali (del 25%) entro il 2026. I cittadini dovranno godere di un miglior servizio di tutela della salute. Ottocentomila dovranno beneficiare dell’aumento delle prestazioni di assistenza domiciliare e duecentomila, in particolare malati cronici, saranno assistiti a distanza grazie alle nuove prestazioni di telemedicina. Verranno realizzate 1350 Case e 400 Ospedali di comunità. Nelle strutture sanitarie gli italiani dovrebbero trovare 3.133 nuove grandi apparecchiature sanitarie, 3.800 posti di terapia intensiva e 4200 di terapia semi-intensiva in più. 

E’ importante ricordare che gli obiettivi da raggiungere sono sempre declinati come medie nazionali. Sono pochi quelli che riguardano specificamente il Mezzogiorno. Naturalmente al Sud si avranno gli interventi ferroviari ricordati in precedenza, e gli interventi nelle Zone Economiche Speciali. Alcune misure minori sono, poi, destinate prevalentemente o esclusivamente al Mezzogiorno e fra i loro obiettivi vi sono la fornitura di servizi sociali a due milioni di abitanti e di supporto educativo a 44.000 minori. Vi è qualche altra indicazione saltuaria: la copertura del 90% del suo territorio con sistema avanzati di monitoraggio dei rischi idrogeologici, la riduzione degli scarti fra regioni nella raccolta differenziata. Indicazioni aggiuntive possono essere tratte dal contenuto dei progetti finanziati dal Piano nelle città del Mezzogiorno

Che conclusioni trarre da questo elenco? Non emerge certamente una visione del paese nel futuro. Ma dai singoli obiettivi, collegati alla dimensione così grande degli investimenti che si realizzeranno, è lecito attendersi miglioramenti diffusi, anche sensibili in molti ambiti. Il PNRR rappresenta un importante punto di svolta, specie rispetto alle vicende del primo ventennio del XXI secolo, e in particolare degli anni Dieci, che hanno visto l’Italia non solo molto indietro rispetto ai progressi che si realizzavano negli altri paesi europei, ma anche in alcuni casi peggiorare le proprie condizioni. Ma, come si è visto in dettaglio, si tratta sempre di un primo passo di un percorso che va continuato. In altre parole, il Piano è importante non solo per gli obiettivi specifici che consente di raggiungere ma perché auspicabilmente chiude una stagione e mette in moto un processo di cambiamento delle condizioni del paese. Dando per assodato che questi obiettivi, o quantomeno la loro grande maggioranza, si realizzeranno, la domanda chiave allora è: questa svolta si consoliderà con il tempo?

La risposta a questa domanda va cercata più fuori che all’interno del Piano. Saranno le condizioni al suo contorno a determinare se esso rappresenterà una parentesi, comunque positiva, o davvero l’avvio di un periodo differente. Se l’Italia si rilancerà dopo il PNRR, anche grazie al PNRR, dipenderà dalla prosecuzione della ripresa degli investimenti pubblici e dalle grandi scelte nelle politiche di bilancio italiane. Gli investimenti avviati con il PNRR dovranno consolidarsi ed estendersi per poter avere un impatto duraturo. 

A questo fine, già nell’immediato sarà molto rilevante il ruolo delle politiche di coesione per il 2021-2027. Le possibili integrazioni fra PNRR, Fondi Strutturali, Fondo Sviluppo e Coesione sono della massima importanza. Gli interventi a titolo di politiche di coesione potrebbero accrescere la dimensione degli interventi già previsti dal PNRR, estenderne la durata temporale di tre anni e mezzo, assicurare risorse complementari per la loro attivazione e gestione. Il punto centrale, come nel positivo tentativo fatto dal governo Draghi sul sistema dei trasporti, sarà la capacità dell’Italia di dotarsi di programmazioni di medio-lungo periodo verso cui convogliare le diverse fonti di finanziamento, anche provenienti dalle risorse ordinarie di bilancio. È questo ciò che è drammaticamente mancato dagli anni Novanta in poi e che si è tentato, con alterno successo, di avviare con il PNRR. 

Vi è poi un legame molto stretto fra l’attuazione del PNRR e le previsioni del bilancio pubblico di parte corrente per i prossimi anni, fino alla fine degli anni Venti e oltre. Molti investimenti previsti richiederanno certamente azioni sulla spesa corrente nei prossimi anni per finanziare i nuovi e migliori servizi che da essi possono scaturire. Le Case e gli Ospedali di comunità possono determinare un forte potenziamento dei servizi territoriali, ma a patto che vi sia il personale necessario per garantirne un regolare funzionamento. 

Il disegno di politiche di bilancio che sostengano i nuovi servizi realizzati grazie al PNRR è certamente complesso. Dipenderà dal ridisegno delle regole europee di finanza pubblica: le effettive disponibilità di bilancio consentite dal nuovo Patto di Stabilità sono per molti versi incognite. Un’importante eccezione positiva è rappresentata dagli stanziamenti che sono stati previsti in legge di bilancio per i nidi, che malgrado l’allocazione assai discutibile delle risorse per gli investimenti, possono portare ad una significativa estensione del servizio. E proprio il caso dei nidi ricorda quanto sia importante l’equilibrio territoriale della spesa corrente, e quindi definire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni previsti dall’articolo 117.2.m della Costituzione, per garantire una copertura il più possibile omogenea sul territorio nazionale dei diritti civili e sociali dei cittadini. 

Insomma, di per sé il PNRR non riuscirà a rilanciare l’Italia: ma potrebbe rappresentare un fondamentale passo per poterlo fare.

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