La statistica definisce fragile un territorio esposto a rischi di origine naturale e antropica e a condizioni di criticità nelle principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo, L’Istat rende ora disponibili su piattaforma i dati del nuovo Indice composito di Fragilità Comunale (IFC). La fragilità non è una condizione rara, anzi. Il 49% dei comuni italiani si colloca nei cinque decili con l’indice di fragilità complessiva più elevato; il 9% presenta i livelli massimi.
L’indice è il risultato della combinazione di 12 indicatori elementari che descrivono le principali dimensioni (territoriali, ambientali e socio-economiche) della fragilità dei territori comunali. Per il momento, sono disponibili le elaborazioni relative agli anni 2018 e 2019, e, a breve, saranno pubblicate anche quelle per il 2021. I valori dell’indice di fragilità comunale sono riferiti alla geografia comunale vigente al 31 dicembre 2021.
Questo approccio così granulare permette di rendersi conto che, oltre alla sofferenza ben nota del Mezzogiorno e delle aree interne, le disuguaglianze fra territori sono un po’ dappertutto. Infatti, non c’è nessuna regione che ne sia priva. Se prendiamo in esame, ad esempio, le zone limitrofe alle grandi città , anche quelle più ricche del Nord, ci sorprenderemo a trovare comuni con un indice di fragilità molto alto: vicino Milano c’è Pregnana Milanese con 7; accanto a Torino c’è Brandizzo con 7; Anguillara Veneta, che dista a circa un’ora da Padova e Venezia, ha un indice che si attesta sul valore di 8; Savogna, in provincia di Udine, registra un indice di fragilità pari a 10. Scendendo leggermente verso Ferrara troviamo Bagnolo di Po’ con 9 e spostandoci verso la Toscana, confinante con Pistoia, Marliana con 9. Se guardiamo ai confini di Roma, infine, c’è Ardea con un indice pari a 9. Le mappe che la piattaforma può costruire sono davvero impressionanti.
Come avviene solitamente per la trattazione statistica di fenomeni complessi, la costruzione dell’indice composito richiede la preliminare definizione di uno schema teorico. In questo caso, la fragilità è composta sulla base di quattro dimensioni fondamentali:
- dimensione territoriale, che misura fattori di rischio e di marginalità derivanti dalle caratteristiche geomorfologiche e infrastrutturali del territorio;
- dimensione ambientale, che quantifica la esposizione delle risorse ambientali e naturali a fattori di pressione antropica sulla salute dell’ecosistema;
- dimensione sociale, che considera le condizioni di debolezza del capitale umano che limitano la capacità di affrontare situazioni critiche e shock avversi, attraverso la struttura per età e dinamica della popolazione, il livello di istruzione e l’occupazione;
- dimensione economica, ovvero fattori di criticità derivanti dalla struttura del sistema produttivo, come bassa densità del tessuto imprenditoriale e bassi livelli di performance in termini di produttività del lavoro.
Sono state scelte misure capaci di descrivere efficacemente gli aspetti caratterizzanti il fenomeno e allo stesso tempo di garantire l’accuratezza, la coerenza e la confrontabilità dei dati disponibili a livello comunale. Tutti gli indicatori sono corredati di metadati esplicativi (descrizione, unità di misura, fonti, formule di calcolo) e sono accompagnati da una nota metodologica.
I dodici indicatori elementari che misurano nel sistema informativo la fragilità dei territori comunali sono brevemente descritti di seguito.
- Incidenza percentuale sul totale della superficie comunale delle aree con pericolosità elevata e molto elevata da frane .
- Incidenza percentuale del suolo consumato sul totale della superficie comunale.
- Indice di accessibilità ai servizi essenziali, che misura il grado di perifericità di un territorio rispetto ai centri di offerta di servizi essenziali, così come sono definiti nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne (tempo medio di percorrenza su strada per raggiungere il comune polo più vicino, identificato in base alla presenza contestuale dei tre servizi essenziali di istruzione, salute e mobilità).
- Tasso di motorizzazione ad alta emissione per 100 abitanti, calcolato come rapporto fra le autovetture circolanti a più alta emissione inquinante (categorie Euro da 0 a 3) e la popolazione residente al 31 dicembre dell’anno di riferimento.
- Raccolta indifferenziata dei rifiuti urbani per abitante, calcolato come rapporto tra i rifiuti urbani in raccolta indifferenziata e la popolazione residente al 31 dicembre dell’anno di riferimento.
- Incidenza percentuale della superficie comunale coperta da aree naturali protette terrestri incluse nell’Elenco Ufficiale delle Aree protette o in quello della Rete Natura 2000 sul totale della superficie del comune.
- Indice di dipendenza della popolazione aggiustato, calcolato come rapporto percentuale tra la popolazione più giovane (0-19 anni) e anziana (65 anni e oltre), da un lato, e quella di età compresa fra i 20-64 anni, dall’altro (si tratta di elaborazione di dati del Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni dell’Istat).
- Incidenza percentuale della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni con bassi livelli di istruzione, calcolata come rapporto percentuale tra la popolazione in età 25-64 anni con titolo di studio non oltre la licenza di scuola media inferiore o di avviamento professionale o nessun
titolo (analfabeti e alfabeti privi di titolo di studio) e la popolazione della stessa fascia d’età.
- Tasso di occupazione 20-64 anni, indicatore che quantifica l’incidenza percentuale della popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni che ha un’occupazione sul totale della popolazione della stessa fascia d’età.
- Tasso di incremento della popolazione, calcolato come rapporto tra il saldo migratorio totale del periodo osservato e la popolazione residente iniziale al 31 dicembre 2011.
- Densità delle unità locali dell’industria e dei servizi per mille abitanti. L’indicatore misura la densità imprenditoriale, data dal rapporto tra lo stock di unità locali delle imprese attive e la popolazione residente al 31 dicembre dell’anno di riferimento.
- Incidenza percentuale degli addetti delle unità locali a bassa produttività nominale del lavoro di settore per l’industria e i servizi
Per la maggior parte degli indicatori elementari, a eccezione di quelli sull’incidenza delle aree naturali protette, la densità imprenditoriale, il tasso di occupazione 20-64 anni e quello di incremento della popolazione, un valore più alto indica maggiore fragilità.
Che cosa succede se ci concentriamo su alcuni indicatori sociali, come l’accesso ai servizi essenziali, l’incidenza della popolazione con bassa istruzione, e lo spopolamento?
I residenti nel 19% dei comuni italiani impiegano almeno 45 minuti (e fino a oltre 120) per arrivare, in auto privata, al primo polo dotato di servizi primari. Se il calcolo fosse fatto in base al trasporto pubblico, il tempo lieviterebbe enormemente. Nell’11% dei comuni italiani – localizzati in gran parte nelle aree interne e nel Mezzogiorno – la quota di popolazione di età compresa tra i 25 e 64 anni con titolo di studio non oltre la licenza media inferiore o di avviamento professionale è uguale o superiore al 50%, ma vi sono comuni che raggiungono picchi del 75%, 85%. È un dato che stride con le possibilità che, in teoria, la tecnologia dovrebbe garantire in termini di accessibilità all’istruzione con la didattica a distanza e con le esigenze del mercato del lavoro che richiede persone sempre più formate e specializzate.
Infine, i dati sullo spopolamento sono l’immagine di un fenomeno che sembra non arrestarsi. Il 56% dei comuni italiani assiste ad un decremento della propria popolazione arrivando a valori di molto inferiori allo 0. Per capire meglio cosa significhi questo valore riprendiamo la spiegazione di questo tasso fornita dall’Istat: il tasso di crescita della popolazione fornisce una misura dell’incremento (o decremento) della popolazione comunale nel periodo osservato. Un tasso di crescita positivo indica che la popolazione è in aumento (il Comune attrae popolazione), mentre un tasso negativo è indice di una diminuzione (il Comune perde popolazione). Questo indice, forse più di altri, mostra in maniera spietata un aspetto cruciale della fragilità di molti comuni: l’incapacità di offrire stimoli e prospettive.
Il nostro Paese fin dalla sua Unità ha vissuto e vive una frammentarietà territoriale che non si è mai riusciti ad affrontare in maniera sistematica ed efficace. Le politiche attuali, anzi, sembrano procedere speditamente verso una forma di federalismo regionale, demandando sempre più al livello locale decisioni in materia di politica sociale ed esautorando lo Stato dal ruolo di garante dell’uniformità dei servizi erogati rischiando di esacerbare ulteriormente le disparità sociali tra cittadini dello stesso Paese.
I dati sulla fragilità comunale ci costringono a rivolgere uno sguardo su un problema che “a macchia di leopardo” interessa tutta l’Italia e ci danno la misura, ancora una volta, di quanto sia cruciale investire nei Servizi sociali e nelle politiche sociali in maniera sistematica e organica per tracciare il confine dei livelli minimi di benessere che dovrebbero essere garantiti in tutti i comuni senza alcuna distinzione.