ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 208/2024

30 Gennaio 2024

La disuguaglianza nella ricchezza in Italia e il ruolo dell’eredità: uno sguardo al futuro*

Michele Bavaro e Simone Tedeschi affrontano la questione della disuguaglianza nella ricchezza in Italia, concentrandosi sul ruolo dei trasferimenti intergenerazionali. L'analisi – che si basa su un modello di microsimulazione dinamica, con proiezioni fino al 2070, e tiene conto dei cambiamenti demografici attesi - suggerisce che la disuguaglianza della ricchezza rimarrà stabile fino al 2040, per poi aumentare a causa del ruolo crescente di eredità e donazioni. In questo quadro una tassazione delle successioni più incisiva sarebbe auspicabile.

L’intreccio tra previsioni demografiche estremamente negative, un’economia stagnante ed un massiccio ricorso al welfare familiare per il sostegno economico delle famiglie in difficoltà rende l’Italia un paese in cui risulta particolarmente interessante effettuare analisi di lungo periodo su meccanismi ed effetti della trasmissione della ricchezza.

Il livello della disuguaglianza della ricchezza, seppur molto elevato, non è eccessivamente alto rispetto ad altri Paesi europei – con un valore dell’indice di Gini intorno a 0,7 – ma si osserva un trend di crescita nell’ultimo decennio, come evidenziato recentemente da Neri et. al. (2024) sulla base dei dati raccolti dalla Banca d’Italia. L’Italia è anche caratterizzata, rispetto ad altri Paesi sviluppati, da un elevato rapporto tra ricchezza e reddito e da una significativa quota di immobili nel patrimonio totale. D’altra parte, per quanto riguarda l’imposizione fiscale, questa è fortemente sbilanciata, con il reddito da lavoro (con eccezioni) tassato in misura molto superiore a altre forme di reddito e ricchezza.

A livello internazionale, da qualche decennio, si assiste ad un incremento del peso dei trasferimenti intergenerazionali, comprendenti eredità e donazioni, un fenomeno che Anthony Atkinson ha definito “return of inheritances”, indicando un ritorno a livelli di incidenza di questa componente che non si osservavano dall’inizio dello scorso secolo. Anche in Italia si registra questa tendenza: il rapporto tra trasferimenti intergenerazionali e reddito nazionale è passato dal 10% nel 1995 al 18% nel 2016 (Acciari, Alvaredo e Morelli). 

Partendo da queste premesse e peculiarità italiane, in un recente articolo insieme a Stefano Boscolo, abbiamo indagato il ruolo dei trasferimenti intergenerazionali nella formazione della disuguaglianza di ricchezza familiare nel nostro paese adottando una prospettiva di lungo periodo. 

Al centro di questo studio c’è il modello di microsimulazione dinamica T-DYMM, di proprietà del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, utilizzato per proiettare traiettorie economiche individuali e familiari fino al 2070, considerando esogene una serie di traiettorie demografiche e macroeconomiche e assumendo come stabili gli attuali sistemi previdenziale, assistenziale e fiscale. Questo modello simula, fra le varie cose, l’evoluzione della ricchezza familiare nel tempo e, considerando fattori come risparmi, investimenti e trasferimenti intergenerazionali (TIG), permette di studiare l’evoluzione della ricchezza e della sua distribuzione in un’ottica forward-looking

La base dati delle simulazioni di T-DYMM, ottenuta collegando dati di indagine campionaria (IT-SILC) con una ampia gamma di informazioni a livello amministrativo, è molto solida. Gli allineamenti demografici e macroeconomici di lungo periodo seguono le proiezioni istituzionali di Eurostat, Commissione Europea ed Istat e i rendimenti delle attività finanziarie e reali, scaturiscono da estrapolazioni da OMI e S&P500. Le simulazioni dei primi anni, dal 2016 al 2021, hanno lo scopo di validare il modello (per dettagli si rimanda alla presentazione del modello). 

Le dinamiche di lungo periodo evidenziano cambiamenti significativi nella struttura demografica italiana nei prossimi decenni. Si prevede un’inversione progressiva della piramide della popolazione, a causa dell’aumento della quota degli individui over 70 sul totale della popolazione. Inoltre, il calo della fertilità porterà con sé una riduzione del numero medio di individui per nucleo familiare, come evidenziato nella Figura 1 dalla linea verde. Questi trend demografici si traducono in una progressiva diminuzione del numero medio di eredi, come illustrato dalla linea arancione nella stessa figura. 

Figura 1: Trend demografici, proiezioni di lungo periodo

Note: gli eredi (espressi in percentuale) sono individui (coniuge o figli del defunto) che ricevono l’eredità. Fonte: elaborazioni dei risultati della simulazione 

In merito ai trend economici, la Figura 2 mostra un possibile aumento dei redditi da capitale rispetto al reddito totale (in arancione), a fronte di una dinamica del rapporto ricchezza/reddito più stabile (in verde). Inoltre, la concentrazione della ricchezza seguirebbe un andamento a “U”, prima lievemente decrescente e poi – dopo un paio di decenni – rapidamente crescente. 

Figura 2: Evoluzioni della ricchezza netta (rapporto ricchezza/reddito e disuguaglianza) e della quota dei redditi da capitale 

Fonte: elaborazioni degli autori dei risultati della simulazione 

Le dinamiche simulate dipendono da una serie di fattori, riconducibili alle ipotesi e alla struttura del modello. In questa sede, ci concentriamo sul possibile impatto dei trasferimenti intergenerazionali (TIG) sulla disuguaglianza della ricchezza. La quota dei TIG rispetto sia al reddito che alla ricchezza aumenta costantemente nel corso della simulazione, prolungando un trend presente nei dati storici (v. Fig. 3). 

Figura 3: Eredità e donazioni come quota del reddito e della ricchezza delle famiglie

Fonte: elaborazioni degli autori dei risultati della simulazione 

L’analisi del contributo dei TIG alla disuguaglianza viene condotta confrontando vari scenari controfattuali. Il principale di questi include eredità e donazioni, mentre gli altri due simulano, rispettivamente, l’assenza di trasferimenti intergenerazionali e la redistribuzione egualitaria della ricchezza dei defunti tra tutte le famiglie. Questo approccio analitico, reso possibile dall’uso di un modello di microsimulazione dinamica, permette di costruire semplici scenari alternativi, modificando o escludendo alcuni dei processi simulati. 

Questa metodologia è caratterizzata da una serie di approssimazioni connesse alla difficoltà di tenere conto delle varie possibili modifiche comportamentali di individui e famiglie e, pertanto, non può essere utilizzata per fini strettamente previsionali. Tuttavia, essa rimane molto utile, in particolare perché consente di isolare e analizzare possibili tendenze di lungo periodo, fornendo indicazioni sulla direzione e l’entità dell’impatto di diversi meccanismi di accumulo e trasmissione della ricchezza sulla sua concentrazione, nei prossimi decenni, se tali tendenze di fondo restassero sostanzialmente stabili.

La Figura 4 mostra che, se i trasferimenti intergenerazionali fossero stati ipoteticamente eliminati dal 2016, si sarebbe osservato un leggero peggioramento nella disuguaglianza della ricchezza familiare nei primi 25 anni di simulazione, connesso principalmente alla dimensione ‘tra’ le generazioni, seguito da una sua marcata riduzione fino al 2070. Appare significativo che, a lungo termine, i TIG potrebbero contribuire in modo consistente all’ampliamento delle disuguaglianze, come illustrato dal progressivo divaricamento della differenza tra curva verde e curva gialla. Ciò sarebbe spiegato, da un lato, dall’aumento sia del valore medio sia della dispersione dei trasferimenti e, dall’altro, dalla progressiva diminuzione del numero medio degli eredi. Queste tendenze potrebbero manifestarsi anche in altri paesi industrializzati caratterizzati, come l’Italia, dall’invecchiamento della popolazione e dalla disuguaglianza economica legata alla trasmissione ereditaria della ricchezza.

Figura 4: Disuguaglianza della ricchezza netta con possibili scenari dei trasferimenti intergenerazionali

Fonte: elaborazioni degli autori dei risultati della simulazione 

Ci siamo anche dedicati a un esame preliminare dell’effetto sulla distribuzione della ricchezza dell’imposta su eredità e donazioni. Questa tipologia di tributo, molto criticata da alcuni economisti per ragioni morali ancorché economiche, ha solitamente un ruolo abbastanza marginale nei bilanci delle principali economie. 

In Italia le imposte di successione sono particolarmente basse rispetto a quelle di paesi vicini come Germania, Regno Unito e, soprattutto, Francia. Tuttavia, come segnala l’OCSE, si tratta di valori di gettito complessivamente limitati in tutti i paesi. In Francia, dove l’aliquota marginale legale arriva al 45%, e il gettito è di 14 miliardi, le entrate da imposte di successione rappresentano circa l’1,3% del totale delle imposte. Più in dettaglio, l’imposta di successione italiana, per i parenti più stretti, ovvero coniugi e figli, si applica solo per cifre superiori al milione di euro e con un’aliquota fissa pari al 4%. Le entrate fiscali relative ai TIG in Italia sono irrisorie in termini assoluti, costituendo un valore molto ridotto in quota del gettito fiscale totale (0,10%), ben al di sotto della media OCSE (0,36%). 

Abbiamo dunque messo a confronto lo schema impositivo gravante sulle successioni e donazioni in Italia con due scenari controfattuali: i) l’eliminazione dell’imposta; ii) l’adozione di un’imposta con la stessa struttura di quella francese, caratterizzata anche da una marcata progressività. In realtà, il modello prevede una doppia progressività, sia all’interno che tra gruppi di popolazione, distinti in base al grado di parentela tra il ricevente e il defunto. In Francia, infatti, non si pagano imposte tra coniugi o partner civili, e i figli hanno una soglia di esenzione fiscale di 100.000 €. Le aliquote sono progressive, la marginale massima (45%) c si raggiunge per lasciti superiori a € 1,8 milioni. Il confronto tra l’imposta italiana e quella francese applicata all’economia italiana mira a creare uno scenario controfattuale realistico, ancorché radicalmente riformato, e permette di valutare come cambierebbero il potenziale gettito fiscale e la redistribuzione nel lungo periodo. 

La Figura 5 mostra, sulla sinistra, i risultati sul trend della disuguaglianza di ricchezza nei vari scenari di tassa di successione e, a destra, l’impatto potenziale sul gettito. I risultati suggeriscono che: i) l’attuale imposta non ha alcun effetto redistributivo sensibile né di breve né di lungo periodo e ii) l’adozione di un regime fiscale assimilabile a quello francese porterebbe invece a una significativa riduzione della disuguaglianza della ricchezza, seppur nel medio-lungo periodo. Nella parte destra della Figura 5 viene mostrato anche che uno schema impositivo alla francese potrebbe valere, in termini di entrate fiscali, circa l’1% del PIL intorno al 2030, per poi aumentare di circa mezzo punto percentuale ogni dieci anni fino al 2070, al lordo di risposte significative nella propensione al risparmio e nei comportamenti elusivi.

Figura 5: Disuguaglianza della ricchezza netta con possibili scenari della tassa di successione

Fonte: elaborazioni degli autori dei risultati della simulazione 

Torna peraltro utile ragionare sulla significativa componente immobiliare della ricchezza privata italiana precedentemente menzionata. Una maggiore incisività e progressività dell’imposta su eredità e donazioni graverebbe in un buona parte sul valore delle abitazioni. Peraltro, esiste un ampio consenso sull’idea che tassare in misura ragionevole, anche se per via indiretta e poco frequente, beni immobili che passano di mano, come le abitazioni trasmesse per eredità, può avere effetti redistributivi senza creare distorsioni particolarmente dannose per l’economia.

In conclusione, una riforma dell’imposta di successione in Italia potrebbe, nel lungo termine, ridurre le disuguaglianze legate alla semplice trasmissione ereditaria. Questo processo avverrebbe gradualmente in 20-25 anni, offrendo diversi vantaggi, come la possibilità di contrastare altre tendenze distributive indesiderate, una maggiore accettabilità politica e la creazione di spazio fiscale per ridurre altre imposte, esplicite o implicite, relativamente più nocive per l’economia, una questione su cui si è espressa recentemente anche l’OCSE .


* Le opinioni espresse sono esclusivamente quelle degli autori e non riflettono in alcun modo quelle del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha cortesemente messo a disposizione per questo studio il modello di microsimulazione T-DYMM.

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