ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 186/2023

29 Gennaio 2023

Gli effetti redistributivi dell’inflazione e delle misure destinate a contrastarla*

Nicola Curci, Marco Savegnago, Giordano Zevi e Roberta Zizza utilizzando BIMic, il modello di microsimulazione della Banca d’Italia, stimano l’impatto sul potere d'acquisto delle famiglie del recente aumento dell'inflazione. Gli autori stimano anche gli effetti di mitigazione dei provvedimenti del Governo e ne valutano le conseguenze distributive mettendo in luce che le politiche rivolte alle famiglie meno abbienti hanno avuto sulla disuguaglianza e sulle finanze pubbliche effetti migliori delle riduzioni generalizzate dei prezzi dell’energia e dei combustibili.

A partire dalla seconda metà del 2021 l’inflazione (misurata secondo la definizione armonizzata europea) è fortemente salita nell’area dell’euro e in Italia, raggiungendo nel nostro paese il 12,5% nell’ultimo trimestre del 2022, il valore più alto dalla metà degli anni Ottanta (Figura 1). L’aumento dei prezzi è stato in parte mitigato dai provvedimenti governativi, alcuni a beneficio di tutti i consumatori, altri destinati a lavoratori e pensionati con redditi medio-bassi, altri ancora rivolti solo ai nuclei familiari più bisognosi. Le differenze nel grado di universalità delle misure sono attribuibili, oltre che ai vincoli del bilancio pubblico, anche agli impatti molto diversificati dei rincari, più accentuati per le famiglie a minor reddito (Istat, 2022, Approfondimento: la misura dell’inflazione per classi di spesa delle famiglie, luglio). 

Figura 1: Tasso di inflazione armonizzata in Italia (IAPC) 

Fonte: elaborazioni su dati Istat.

Note: dati mensili, variazioni percentuali e punti percentuali.

Questa eterogeneità, comune alla larga parte dei paesi avanzati, è stata recentemente menzionata e analizzata da policy-makers (Brainard, 2022, Variation in the Inflation Experiences of Households, speech), istituzioni (Ari et al., 2022, IMF Working Paper n. 152; Commissione europea, 2022, Box in European Economic forecast, Autunno) e ricercatori (Charampalakis et al., 2022, Box in ECB Economic Bulletin, Issue 7). Per l’Italia, Bella (2022, Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, Università Cattolica, luglio) individua le tipologie di famiglie che hanno maggiormente beneficiato dell’intervento del Governo fino all’estate 2022; l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (2022, Flash n. 2, 18 ottobre) trova che nel periodo giugno 2021 – settembre 2022 i provvedimenti del Governo sono stati in grado di ridurre di quasi la metà la perdita media di potere d’acquisto delle famiglie.

In Curci et al. (2022, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, n. 738) analizziamo in dettaglio l’effetto sul potere d’acquisto delle famiglie del forte aumento dei prezzi e delle misure governative destinate a contrastarlo. Nel presente articolo ci focalizziamo su un contributo specifico della nostra analisi, ovvero l’incidenza dello shock inflazionistico per livelli di ISEE e il calcolo dell’indice di Gini della distribuzione del potere di acquisto equivalente delle famiglie, al lordo e al netto degli interventi governativi.

Per svolgere tale esercizio sfruttiamo i microdati dell’Indagine sulla spesa delle famiglie dell’Istat: grazie a una partizione molto fine di sotto-indici di inflazione, siamo in grado di ricostruire la spesa di ciascun nucleo per diverse categorie di beni e servizi nel 2022, sotto l’ipotesi semplificatrice che le quantità acquistate non siano mutate al variare dei prezzi. Inoltre, possiamo valutare gli effetti dello shock inflazionistico per diversi livelli di reddito impiegando BIMic, il modello di microsimulazione tax and benefit della Banca d’Italia (Curci e Savegnago, 2019, Banca d’Italia, Temi di discussione, n. 1244; Curci et al., 2020, Banca d’Italia, Temi di discussione, n. 1298) che abbina i dati sui consumi rilevati dall’Istat con quelli sui redditi e sulla ricchezza raccolti dalla Banca d’Italia nell’Indagine sui Bilanci delle famiglie italiane. 

La stima dell’impatto del rialzo dei prezzi del 2021-2022 sulla distribuzione del potere d’acquisto delle famiglie definisce lo “scenario realizzato”. Per valutare fino a che punto gli effetti redistributivi dell’inflazione siano stati mitigati dalle politiche governative, le tecniche di microsimulazione ci aiutano a definire due scenari controfattuali: uno in cui si mantengono le variazioni originarie dei prezzi ma le politiche antinflazionistiche non sono considerate (ovvero lo “scenario senza intervento governativo”) e uno in cui è escluso anche lo shock inflazionistico (ovvero lo “scenario pre-shock”).

La differenza dei livelli di spesa nel 2022 tra lo scenario senza intervento governativo e lo scenario pre-shock misura l’impatto lordo dello shock inflazionistico; la differenza tra lo scenario realizzato e lo scenario pre-shock misura l’impatto netto dello shock, che tiene conto dell’effetto compensativo delle misure antinflazionistiche. Infine, la differenza tra lo scenario senza intervento del governo e lo scenario realizzato approssima l’effetto delle misure sulla distribuzione del potere d’acquisto.

I provvedimenti di finanza pubblica volti ad alleviare i rincari energetici susseguitesi dalla metà dal 2021 fino alla fine del 2022 sono stati numerosi. Parte di questi – in particolare quelli che hanno determinato il parziale abbattimento delle bollette energetiche e il taglio delle accise sui carburanti – hanno agito direttamente riducendo i prezzi di mercato, con un impatto quantificabile in 0,2-0,3 punti percentuali sul tasso di inflazione medio annuo del 2021 e in quasi 2 punti su quello del 2022 (a partire da aprile 2022 il bonus sociale viene considerato nelle stime ufficiali del tasso di inflazione, tuttavia ai fini delle analisi di questo articolo lo separiamo dalle altre misure che incidono sul livello generale dei prezzi non essendo fruito dalla generalità dei consumatori). Altre misure, quali il rafforzamento dei bonus sociali sulle bollette energetiche, non sono andati a beneficio della generalità dei consumatori ma solo di quelli economicamente più svantaggiati. Infine, ci sono state misure del Governo che hanno mitigato l’impatto della crisi energetica aumentando i redditi individuali: le due indennità una tantum (bonus da 200 e 150 euro), il taglio delle aliquote contributive a carico dei lavoratori dipendenti e l’anticipazione all’autunno del 2022 di una quota dell’indicizzazione pensionistica che sarebbe stata normalmente dovuta a partire dal gennaio 2023.

Nel loro insieme, secondo le nostre stime, queste misure avrebbero attenuato l’impatto dello shock inflazionistico sul potere d’acquisto delle famiglie nel 2022 da poco più di 80 miliardi di euro a circa 50. In termini di valori per nucleo familiare, l’inflazione avrebbe ridotto il potere d’acquisto in media di 3.186 euro (Tavola 1; questa cifra aumenta con il reddito disponibile, poiché le spese totali e il reddito disponibile sono correlati), ma le misure avrebbero permesso di recuperarne in media 1.241, limitando quindi la perdita a 1.944 euro. Si nota che, in termini nominali, il sostegno che le famiglie hanno ricevuto dal governo (direttamente o indirettamente come riduzione dei prezzi) è relativamente omogeneo tra i quinti di reddito: da un lato infatti il supporto al potere d’acquisto derivante dal potenziamento dei bonus sociali diminuisce all’aumentare del reddito (passando in media da 365 euro per le famiglie nel primo quinto di reddito a zero per quelle nel quinto più alto); dall’altro quello derivante dalla riduzione degli oneri di sistema, delle accise e dell’IVA cresce all’aumentare del reddito (in media da 468 nel primo quinto delle famiglie a 811 euro in quello più alto).

Tavola 1: Impatto sul potere d’acquisto medio delle famiglie, in euro 

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, Banca d’Italia e BIMic.

Nota: nella voce “indennità una tantum” sono compresi i bonus da 200 e 150 euro; tra le “altre misure che incidono sul reddito netto” figurano la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei dipendenti e l’anticipo parziale al 2022 dell’indicizzazione delle pensioni.

La Figura 2 mostra l’incidenza dello shock inflazionistico sul potere d’acquisto (al lordo e al netto delle misure adottate dal Governo) e la distribuzione delle risorse di bilancio destinate ai diversi provvedimenti per decimi di ISEE. Questo indicatore offre un doppio vantaggio rispetto ai criteri alternativi per l’ordinamento delle famiglie: in primo luogo, considerando anche la ricchezza, descrive meglio i mezzi complessivi che le famiglie possono utilizzare per far fronte allo shock; in secondo luogo, può essere osservato direttamente dal policy maker, che è quindi in grado di progettare ulteriori eventuali interventi sulla base di esso (esplicitamente considerato nel caso dei bonus sociali). La riduzione dell’incidenza dell’inflazione sul potere d’acquisto dovuta agli interventi governativi è particolarmente elevata per i primi tre decimi della distribuzione, ovvero le famiglie con un ISEE inferiore a circa 11.700 euro, che assorbono la quasi totalità delle risorse destinate ai bonus sociali. 

Figura 2: incidenza dello shock inflazionistico e distribuzione delle risorse di bilancio destinate ai diversi provvedimenti governativi (mld euro) per decimi di ISEE 

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, Banca d’Italia e BIMic.

Nota: le “misure sui prezzi” comprendono la riduzione degli oneri generali di sistema, delle accise sui carburanti e dell’aliquota IVA sul gas; le “misure una tantum” comprendono i bonus da 200 e 150 euro; tra le “altre misure” figurano la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei dipendenti e l’anticipo parziale al 2022 dell’indicizzazione delle pensioni.

Dall’analisi per decimi dell’ISEE emerge che la politica di bilancio ha mitigato lo shock inflattivo soprattutto per le famiglie meno abbienti. Può essere utile descrivere, utilizzando un indice sintetico, in quale misura la disuguaglianza complessiva del potere d’acquisto delle famiglie è aumentata a causa dell’aumento dei prezzi e quanto gli interventi del governo sono stati in grado di contrastare questo aumento. La figura 3 mostra l’indice di Gini calcolato sulla distribuzione del potere d’acquisto equivalente delle famiglie. Come visto in precedenza, lo shock determina, in assenza di interventi, una riduzione del potere d’acquisto non uniformemente distribuita, e questo si traduce in un aumento dell’indice di Gini di circa 2 punti percentuali, da 34,7 a 36,7. Nel complesso, i provvedimenti sterilizzano circa il 70 per cento di questa maggiore disuguaglianza. I bonus sociali sulle utenze si rivelano la misura più efficiente per alleviare l’aggravarsi delle disuguaglianze: il loro potenziamento riduce sensibilmente l’indice di Gini, assorbendo una quantità di risorse (riportate in miliardi sull’asse verticale del grafico) molto inferiore rispetto agli altri interventi. Le indennità una tantum e le altre misure che incidono sui redditi disponibili e, ancora di più, gli interventi non selettivi sui prezzi dell’energia sono molto meno efficaci nel ridurre le disuguaglianze, soprattutto se valutate in termini di impatto sui conti pubblici.

Figura 3: disuguaglianza nel potere d’acquisto pre- e post-shock 

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, Banca d’Italia e BIMic.

Nota: le “misure sui prezzi” comprendono la riduzione degli oneri generali di sistema, delle accise sui carburanti e dell’aliquota IVA sul gas; le “misure una tantum” comprendono i bonus da 200 e 150 euro; tra le “altre misure” figurano la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei dipendenti e l’anticipo parziale al 2022 dell’indicizzazione delle pensioni.


* Le opinioni espresse nell’articolo e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità della Banca d’Italia.

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