ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 199/2023

14 Settembre 2023

Dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione: continua il percorso ad ostacoli per le persone senza dimora*

Arianna Gatta traccia una panoramica dell’accesso delle persone senza dimora a Reddito di Cittadinanza, Reddito di Emergenza ed Invalidità Civile basandosi sui risultati emersi da uno studio condotto a Roma. Inoltre, Gatta fornisce una stima della platea potenziale di beneficiari del nuovo Assegno di Inclusione e mostra che, a meno di forti investimenti nei servizi sociali ed abitativi, questa misura, come anche il Supporto per la Formazione e Lavoro, per chi non ha una dimora sarà ancora meno accessibile delle precedenti misure.

Le persone senza dimora e l’accesso al welfare in Italia. Negli ultimi anni in Italia sono state introdotte nuove misure con lo scopo di contrastare la povertà e favorire il reinserimento sociale e lavorativo. Questo è avvenuto nel 2018 con il Reddito di Inclusione, rimpiazzato dal Reddito di Cittadinanza nel 2019 e a sua volta recentemente sostituito da Assegno di Inclusione e Supporto per la Formazione e Lavoro. Uno dei problemi più seri di queste misure è la difficoltà nel raggiungere i soggetti deboli. Già il Rapporto Caritas ​nel 2022 indicava come poco meno della metà dei poveri accedeva al Reddito di Cittadinanza. 

In una mia ricerca mi sono concentrata sui soggetti più deboli tra i deboli: le persone senza dimora, che vivono in una condizione di povertà estrema. In particolare, ho cercato di verificare se il design delle misure di sostegno al reddito generi vari tipi di barriere di accesso al welfare per queste persone. A questo fine ho comparato l’accesso al Reddito di Cittadinanza, al Reddito di Emergenza e alla prestazione per Invalidità Civile, tre misure basate su criteri differenti e con una diversa storia. 

Il Reddito di Cittadinanza presentava una moltitudine di requisiti di reddito e patrimonio piuttosto stringenti, prevedeva per alcune categorie delle condizionalità come l’obbligo di presentarsi ai servizi sociali o per l’impiego, e richiedeva almeno 10 anni di residenza in Italia. Al contrario, il Reddito di Emergenza, in vigore durante la crisi pandemica negli anni 2020-2021, era stato pensato con requisiti di reddito, patrimonio e residenza meno stringenti. Dal canto suo, l’Invalidità Civile è una misura di lungo corso diretta ai disabili con redditi bassi. Infine, i risultati di questa ricerca permettono anche di prevedere il probabile impatto sulle persone senza dimora del passaggio all’Assegno di Inclusione e al Supporto per la Formazione e il Lavoro.

La ricerca è basata su quattro raccolte dati originali, svolte tra il 2020 e il 2021 a Roma. La prima ha riguardato un censimento delle mense e dei centri di accoglienza della Capitale, mentre la seconda e la terza si basano, rispettivamente, su interviste qualitative con persone senza dimora e operatori sociali. Infine, nella quarta, condotta a Marzo 2021, sono stati raccolti 557 questionari tra gli utenti senza dimora di mense e centri di accoglienza. Il campionamento è stato realizzato attraverso la tecnica del time-location sampling, già utilizzata dall’Istat per le indagini nazionali sulle condizioni delle persone senza dimora nel 2011 e nel 2014. 

Accesso al Reddito di Cittadinanza, Reddito di Emergenza ed Invalidità Civile. La prima questione riguarda il grado di conoscenza delle diverse misure da parte delle persone senza dimora. La meno conosciuta risulta essere il Reddito di Emergenza, nota solo dal 38,7% dei rispondenti. Trattandosi di una misura straordinaria introdotta in poco tempo e senza una strategia comunicativa, è comprensibile che non abbia avuto sufficiente risonanza tra i più vulnerabili. L’Invalidità Civile invece risulta conosciuta anche tra chi non dichiara particolari disabilità. Il 60,5% ne ha sentito parlare, ma solo il 27,1% di rispondenti dichiara di essere affetto da disabilità. Il Reddito di Cittadinanza è invece la misura più conosciuta: quasi l’80% dichiara di averne sentito parlare. L’acceso dibattito che ha accompagnato la sua introduzione può averne favorito la popolarità. 

Per quanto riguarda le domande presentate, solo il 12% dei rispondenti ha richiesto il Reddito di Emergenza e, ancora meno, il 7,8% lo ha ricevuto. Questo riflette, da una parte, la bassa conoscenza della misura ma anche l’incumulabilità di Reddito di Cittadinanza e Reddito di Emergenza. 

Per quanto riguarda l’Invalidità Civile solo il 18% dei rispondenti ha presentato domanda e appena il 9,3% l’ha percepita. Si tratta di percentuali inferiori a quelle di chi dichiara di essere affetto da disabilità: 27,1%. Tutto ciò trova spiegazione nell’indagine qualitativa, da cui emergono difficoltà nel processo di riconoscimento della disabilità, che risulta spesso lungo e macchinoso. Inoltre, circa un terzo dei rispondenti non riesce ad accedere ad un medico di base per richiedere l’invalidità a causa della mancanza dell’iscrizione anagrafica. 

Non essere iscritti all’anagrafe o avere avuto periodi di cancellazione dai registri anagrafici ha generato ulteriori barriere anche nell’accesso al Reddito di Cittadinanza. Nonostante sia la misura più nota, solo circa la metà di chi la conosce ha presentato domanda. Questo è in buona parte dovuto alla difficoltà di riuscire a dimostrare di essere stati residenti in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi. Si tratta di un problema particolarmente rilevante soprattutto per i cittadini comunitari senza dimora, per i quali la legge prevede la possibilità di iscriversi all’anagrafe solo se occupati o se dimostrano di avere sufficienti mezzi per sostentarsi. Questo requisito di fatto li esclude da misure di sostegno al reddito. 

Infine, per il Reddito di Cittadinanza solo il 18% dei rispondenti riceveva il beneficio al momento dell’intervista a fronte del 40% che ha presentato domanda. Questo sembra dipendere, da una parte, dalla difficoltà di comunicare con la pubblica amministrazione in caso di errori in fase di domanda, e, dall’altra, dalle interruzioni del beneficio. Il 9,3% dei rispondenti aveva infatti ricevuto la misura in precedenza ma non più al momento del questionario. Una parte di queste interruzioni potrebbe essere dovuta a ritardi nel rinnovo dell’ISEE per l’anno 2021. Tuttavia, nella maggior parte dei casi i rispondenti non hanno un’idea chiara delle motivazioni dietro all’interruzione del beneficio, e indicano di non essere mai stati contattati da centri per l’impiego o servizi sociali. Allo stesso tempo gli operatori dei servizi indicano che il problema principale è proprio reperire i percettori. È quindi possibile che le interruzioni siano legate a difficoltà di comunicazione e alla conseguente mancata presentazione alle convocazioni, che rappresentavano parte integrante della condizionalità della misura.

È importante sottolineare che spesso i rispondenti hanno poco tempo e risorse per entrare in contatto con la pubblica amministrazione. Una cosa generalmente non nota, è che per le persone senza dimore la maggior parte della giornata è infatti assorbita dalle necessità di base, che richiedono di spostarsi tra mense, servizi di doccia e centri di accoglienza sparsi per la città per poter anche solo mangiare, lavarsi e trovare un posto sicuro per dormire. Inoltre, le persone senza dimora intervistate hanno difficoltà ad avere un telefono carico oppure un collegamento ad Internet. Questo limita fortemente la possibilità di prenotare appuntamenti o rispondere tempestivamente alle convocazioni di servizi sociali e centri per l’impiego.

Assegno di Inclusione e Supporto per la Formazione e Lavoro: cosa cambia per le persone senza dimora. Con la legge 3 Luglio 2023 n°85  ​sono stati introdotti l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la Formazione e Lavoro. Quale sarà l’impatto di queste nuove misure sulle persone senza dimora? 

Un elemento migliorativo rispetto al Reddito di Cittadinanza è la riduzione della durata minima di residenza in Italia, che passa da 10 a 5 anni. Nel campione raccolto a Marzo 2021, circa il 38% dei rispondenti stranieri è stato in Italia per almeno 10 anni ed è iscritto all’anagrafe al momento dell’intervista. Questa percentuale raggiunge quasi il 50% se la durata della permanenza in Italia si riduce ad almeno 5 anni. Tuttavia, anche per Assegno di Inclusione e Supporto per la Formazione e Lavoro resta lo scoglio dell’iscrizione all’anagrafe al momento della domanda, già evidenziato per le altre misure.

Elemento che avrà un impatto più importante è invece la ‘segmentazione dei poveri’ in categorie, come già sottolineato da Franzini e Raitano. Come noto, l’Assegno di Inclusione prevede criteri di patrimonio e reddito simili al Reddito di Cittadinanza, ma è disponibile solo per nuclei familiari in cui almeno un componente è disabile, minorenne o ultrasessantenne. Come già indicato da Aprea, Gallo e Raitano  questi requisiti e la variazione della scala di equivalenza ridurranno fortemente la platea di potenziali beneficiari rispetto al Reddito di Cittadinanza. 

La stretta sui criteri di accesso avrà un impatto importante anche sulle persone senza dimora. La mia ricerca segnala infatti la difficoltà di farsi riconoscere eventuali disabilità; inoltre solo un quarto delle persone senza dimora ha almeno sessant’anni. Una prima simulazione della platea dell’Assegno di Inclusione nel campione di persone senza dimora su Roma indica una percentuale di idonei piuttosto bassa. Se si taglia fuori chi non è già disabile ai fini dell’Invalidità Civile e ha meno di 60 anni, solo il 18% dei rispondenti risulta potenzialmente eleggibile, nonostante la riduzione del requisito di residenza a 5 anni.

Nella versione finale del testo di legge è stata inclusa un’ulteriore categoria tra quelle che possono accedere all’Assegno di Inclusione, ovvero i “componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione”. Questa aggiunta potrebbe permettere alle persone senza dimora, in carico ai servizi, di accedere alla misura, aprendo uno spiraglio importante. Tuttavia, a questo stadio è difficile valutare l’efficacia di questa previsione normativa. Molto dipenderà da come sarà interpretata, dalla velocità della Pubblica Amministrazione nel rilasciare certificazioni ai servizi territoriali e dalla facilità di presa in carico dagli stessi. È probabile che questo, a risorse invariate, farà aumentare il carico di lavoro per i servizi del territorio, generando un collo di bottiglia nell’accesso alla misura. Un elemento positivo è la menzione delle donne vittime di violenza, che sono considerate nucleo familiare separato dal coniuge e non sono soggette agli obblighi di attivazione. Si tratta di un’aggiunta importante per le donne senza dimora a causa di violenza domestica. Tuttavia, non è chiaro se siano anche idonee all’Assegno di Inclusione, come sottoinsieme dei richiedenti “in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza”.

Per chi non riesce ad accedere all’Assegno di Inclusione, resta il Supporto per la Formazione e Lavoro. Tuttavia, questa misura è, come noto, un’indennità di partecipazione ad attività di riqualificazione lavorativa, non una misura di contrasto alla povertà. I beneficiari ricevono 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, non rinnovabili. È difficile immaginare come questa misura possa aiutare una persona senza dimora, che è spesso molto lontana dal mercato del lavoro formale e prima di tutto ha bisogno di una casa. L’importo ridotto e la breve durata difficilmente permetteranno di affittare una stanza, cosa che farebbe la differenza per chi vive in povertà estrema. 

 Infine, anche se possono accedere all’Assegno di Inclusione, i “componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza” sono comunque tenuti a partecipare ad attività di reintegrazione sociale e/o lavorativa. Sia l’Assegno di Inclusione che il Supporto per la Formazione e Lavoro prevedono che i beneficiari si presentino presso il patronato, i servizi sociali o per l’impiego – a seconda del percorso personalizzato – per aggiornare la propria posizione ogni 90 giorni. Tuttavia, come mostrato per l’accesso ad altre misure, non avere una casa rende le attività quotidiane talmente dispendiose in termini di tempo che non ne resta molto per comunicare con i servizi, partecipare ad attività di formazione e cercare lavoro. È quindi probabile che questa stretta sulle condizionalità contribuirà ad aumentare ulteriormente sanzioni ed interruzioni della misura tra le persone senza dimora. 

Nel complesso l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la Formazione e Lavoro risulteranno presumibilmente ancora meno accessibili ed efficaci del Reddito di Cittadinanza per le persone senza dimora, a meno che non si intervenga con importanti (ma per ora improbabili) investimenti sui servizi abitativi e sociali. 


* La ricerca su cui si basa questo articolo non sarebbe stata possibile senza il supporto finanziario della Fondazione Roberto Franceschi Onlus e dell’Istituto Universitario Europeo, e la collaborazione della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora e del Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune di Roma. Si ringraziano inoltre tutte le persone che hanno dedicato tempo a questa indagine, sia come intervistati che come intervistatori, nonché le mense e i centri di accoglienza che hanno aderito all’iniziativa. Maggiori dettagli sul progetto sono disponibili a questo link (https://www.fiopsd.org/report-progetto-instrada/).

Schede e storico autori