ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 195/2023

14 Giugno 2023

L’Assegno d’inclusione non può fare a meno di una vera scala*

Gaetano Proto individua un difetto nell’Assegno d’Inclusione (AdI) come disegnato dal D.L. 48 2023: non è prevista una vera scala di equivalenza, ma la somma di parametri valorizzati per i soli soggetti ritenuti dal legislatore meritevoli di tutela. Una scala è necessaria per stabilire il diritto al sostegno confrontando il reddito del nucleo con il reddito minimo garantito dall’AdI. L’autore propone un meccanismo che garantirebbe ai nuclei già percettori del Reddito di Cittadinanza che includono soggetti meritevoli di tutela ai fini AdI di continuare a percepire un sostegno.

Il D.L. 48 2023 abolisce il Reddito di cittadinanza (RdC) e lo sostituisce con due strumenti diversi tra loro, ma entrambi non universali: Assegno d’inclusione (AdI) e Supporto per la formazione e il lavoro (SFL). A un primo esame, balza all’occhio che l’AdI presenta peculiarità che richiedono un’attenta analisi. In particolare, il comma 4 dell’art. 2 introduce una cosiddetta “scala di equivalenza” che tiene conto solo di una parte dei componenti del nucleo, quelli che appartengono alle tre tipologie ritenute meritevoli di tutela attraverso l’AdI, cioè minori, ultrasessantenni e disabili, nonché alla tipologia derivata delle persone con carichi di cura (in presenza di minori di 3 anni, di almeno 3 minori o di disabili).

Il punto è che se cresce il numero dei componenti non considerati meritevoli di tutela (tutti i maggiorenni non invalidi di età inferiore a 60 anni, inclusi i figli che studiano) a parità di reddito familiare, la situazione economica del nucleo resta la stessa secondo il meccanismo di valutazione basato sulla scala impropria appena descritta, nonostante l’ovvio aumento delle necessità familiari che deriva dalla presenza di più componenti. Ciò incide non solo sull’importo dell’AdI, ma sullo stesso diritto al sostegno da parte di nuclei pur considerati in apparenza meritevoli (vedi anche l’esempio numerico illustrato più avanti). Questo articolo mostra come si potrebbe ovviare a questo problema, riducendo l’impatto negativo sull’equità del provvedimento.

La formulazione attuale dell’AdI equivale a

[1] (YMIN – YFAM/CT) * CT

dove

YMIN è il reddito minimo annuo che viene garantito, che è espresso in termini equivalenti (i consueti 500 euro al mese, 6.000 all’anno)

YFAM è il “reddito familiare” annuo così come definito dalla legge che ha istituito il RdC

CT è il “coefficiente di tutela” (definizione dell’autore), cioè quello che l’art. 2 del D.L. 48 2023 chiama impropriamente “scala di equivalenza”: una somma di parametri valorizzati solo per alcune tipologie di componenti, le sole ritenute meritevoli di tutela attraverso l’AdI.


E’ evidente che applicare un coefficiente ottenuto sommando i parametri relativi a un sottoinsieme del nucleo al reddito di tutto il nucleo (YFAM/CT), ovvero alla soglia di riferimento, non rende effettivamente confrontabili queste due grandezze e finisce per restringere indebitamente la platea dei beneficiari dell’AdI.

Per risolvere questo problema, la formula corretta dell’AdI dovrebbe essere la seguente:

[2] (YMIN – YFAM/SE) * CT

dove SE è una qualsiasi scala di equivalenza vera e propria, cioè una somma di parametri valorizzati per tutti i componenti. Di conseguenza, YFAM/SE è il reddito familiare equivalente.

La formula si può scrivere applicando la scala a YMIN per renderlo monetario (YMIN*SE) e confrontarlo con YFAM(monetario), come nelle formulazioni testuali del RdC e dell’AdI, ma la [2] risulta più chiara dal punto di vista concettuale. Anche se è un’astrazione di per sé complessa, il reddito equivalente di un determinato nucleo è più intuitivo della trasformazione in moneta di una soglia fissata in termini equivalenti per renderla confrontabile con il reddito (monetario) dello stesso nucleo.

Ai fini della formula [2] si può utilizzare la scala di equivalenza del RdC, ma sarebbe incoerente mantenere uno degli aspetti più criticati del RdC nel momento stesso in cui lo si abolisce. Da tempo è stato infatti dimostrato che questa scala sfavorisce le famiglie numerose, proprio le più bisognose di tutela, e ne è stata consigliata la revisione da più parti (tra le quali il Comitato scientifico di valutazione del Reddito di cittadinanza nel 2021-22 e chi scrive fin dal 2019). Ciò vale a fortiori per scale ancora più restrittive, come sarebbe quella con parametri analoghi ai “parametri di tutela” dell’AdI. Appare di gran lunga preferibile utilizzare la scala dell’ISEE (SEISEE), che è parte integrante dell’indicatore della situazione economica così come definito dal nostro ordinamento.


Seguendo la stessa impostazione della [2], la formula del RdC può invece essere espressa come

[3] (YMIN – YFAM/SERdC) * SERdC

dove SERdC è la scala di equivalenza del RdC.

L’ultimo passaggio della formula, cioè la moltiplicazione per la scala, rende monetario l’importo equivalente da integrare calcolato nel primo membro.


Il confronto diretto tra le formule [2] e [3] mostra che la formula corretta dell’AdI ha l’interessante proprietà di garantire che tutti i nuclei percettori di RdC in cui è presente un soggetto meritevole di tutela ai fini AdI, continuino a ricevere un sostegno sotto forma di AdI, perché il valore del primo membro della [2], (YMIN – YFAM/SE), è identico a quello del primo membro della [3] se si utilizza SERdC, oppure più generoso se si usa una scala meno restrittiva come SEISEE

La [2] non garantisce invece che l’importo che spetta ai “nuclei meritevoli” sia lo stesso del RdC: questo è vero solo nel caso particolare in cui tutti i componenti (più esattamente: tutti meno uno) sono meritevoli di tutela e i parametri del coefficiente e della scala sono gli stessi, quando cioè CT= SE. Un esempio di questa casistica sono i nuclei percettori di Pensione di cittadinanza (PdC), composti solo da anziani con almeno 67 anni e da invalidi. Per loro vige una clausola di salvaguardia completa, dato che l’AdI recepisce il livello di tutela maggiorato previsto dalla PdC (YMIN = 7.560 invece di 6.000), che viene quindi abolita solo in termini nominali.

Ne segue che la formula corretta dell’AdI incorpora una clausola di salvaguardia parziale per evitare che i nuclei percettori di RdC in cui è presente un soggetto meritevole di tutela ai fini AdI possano essere espulsi dall’AdI e affidati al solo SFL, un effetto malthusiano del meccanismo attuale di cui forse chi ha scritto il provvedimento non è consapevole.


Per illustrare gli esiti differenti delle formule [1], [2] e [3], è utile un esempio numerico che confronta tre nuclei di diversa composizione ma con lo stesso reddito familiare monetario, fissato a un valore tale da enfatizzare la presenza o assenza di tutela a seconda dei diversi meccanismi di computo:

  • nucleo A (2 componenti), genitore singolo con figlio minore, reddito familiare (monetario) 6.900. “Coefficiente di tutela” = scala di equivalenza = 1,15 (nell’ipotesi che il “parametro di tutela” 0,15 sia identico al parametro della scala per il minore)
    • Secondo la formulazione attuale dell’AdI, il livello di tutela (monetario) fissato per questo tipo di nucleo è (6.000 * 1,15)= 6.900 (dove 6.000 è la soglia per il nucleo monocomponente). Il nucleo non ha bisogno di tutela perché il suo reddito (monetario) è pari a questa soglia.
    • Secondo la formula del RdC, questo nucleo è titolare di RdC. Il valore della scala è (1 +0,2)= 1,2, quindi il reddito familiare equivalente di questo nucleo è (6.900/1,2)= 5.570. Confrontando il valore (equivalente) di soglia e il valore equivalente di reddito, la differenza è pari a (6.000 – 5.570)= 250. Infine per ottenere il valore monetario da quello equivalente si applica la scala: (250 * 1,2)= 300 euro, a cui corrisponde un importo spettante di 480 euro, il minimo previsto per il RdC.
  • nucleo B (4 componenti), coppia con 2 figli di cui uno minore (> 2 anni), reddito familiare (monetario) 6.900. “Coefficiente di tutela” = “scala di equivalenza” (impropriamente) secondo il D.L. 48 2023 = 1,15
    • Secondo la formulazione attuale dell’AdI, il livello di tutela (monetario) fissato per questo tipo di nucleo è (6.000 * 1,15)= 6.900 è immutato rispetto al caso precedente. Anche in questo caso, il nucleo non ha bisogno di tutela perché il suo reddito (monetario) è pari a questa soglia. Si tratta di una evidente violazione del principio di equità, che impone di trattare in modo eguale solo le situazioni eguali e in modo diverso solo le situazioni diverse.
    • Secondo la formula corretta dell’AdI, il reddito familiare di questo nucleo va reso equivalente applicando una scala vera e propria per confrontarlo con il livello (equivalente) di tutela. Se si applica la scala dell’ISEE, il valore della scala è 2,46 e il reddito equivalente del nucleo scende a (6.900/2,46)= 2.805. Il nucleo ha bisogno di tutela perché il suo reddito risulta inferiore alla soglia. Confrontando il valore (equivalente) di soglia e il valore equivalente di reddito, la differenza è pari a (6.000 – 2.805) = 3.195. Infine, per attualizzare questo valore (equivalente) secondo la logica non universalistica dell’AdI si applica il “coefficiente di tutela”: (3.195 * 1,15)= 3.674 euro.
    • Ipotizzando invece che i parametri della scala siano analoghi ai “parametri di tutela”, la scala è (1 +0,4 +0,4 +0,15)= 1,95, quindi il reddito equivalente del nucleo è (6.900/1,95)= 3.538. Rispetto alla scala dell’ISEE, diminuisce la differenza dalla soglia (6.000 – 3.538)= 2.462 e di conseguenza il valore finale dell’AdI: (2.462 * 1,15)= 2.831 euro.
    • Secondo la formula del RdC, questo nucleo è titolare di RdC. Il valore della scala è (1 +0,4 +0,4 +0,2)= 2,0, quindi il reddito familiare equivalente del nucleo è (6.900/2,0)= 3.450. Confrontando il valore (equivalente) di soglia e il valore equivalente di reddito, la differenza è pari a (6.000 – 3.450)= 2.550. Infine per ottenere il valore monetario da quello equivalente si applica la scala: (2.550 * 2,0)= 5.100 euro.
  • nucleo C (5 componenti), coppia con 3 figli di cui uno minore (> 2 anni), reddito familiare (monetario) 6.900. “Coefficiente di tutela” identico al caso B = 1,15
    • Secondo la formulazione attuale dell’AdI, il caso C è identico al caso B. Anche in questo caso, il nucleo non ha bisogno di tutela perché il suo reddito (monetario) è pari alla soglia e l’equità risulta violata.
    • Secondo la formula corretta dell’AdI, se si applica la scala dell’ISEE, il valore della scala è (2,262 +0,2 maggiorazione per 3 figli)= 3,05 e il reddito equivalente del nucleo (6.900/3,05)= 2.193. Confrontando il valore (equivalente) di soglia e il valore equivalente di reddito, la differenza è pari a (6.000 – 2.262)= 3.738. Il nucleo ha bisogno di tutela perché il suo reddito risulta inferiore alla soglia. Infine, per attualizzare questo valore (equivalente) si applica il “coefficiente di tutela”: (3.738 * 1,15)= 4.298 euro.
    • Ipotizzando che i parametri della scala siano analoghi a quelli di tutela, la scala è (1 +0,4 +0,4 +0,4 +0,15) > 2,2 (il valore massimo della scala per i nuclei senza disabili), quindi il reddito familiare equivalente del nucleo è (6.900/2,2)= 3.136. Rispetto alla scala dell’ISEE, diminuisce la differenza dalla soglia (6.000 – 3.136)= 2.864 e di conseguenza il valore finale dell’AdI: (2.864 * 1,15)= 3.293 euro.
    • Secondo la formula del RdC, questo nucleo è titolare di RdC. Il valore della scala è (1 +0,4 +0,4 +0,4 +0,2) > 2,1 (il valore massimo della scala del RdC per i nuclei senza disabili), quindi il reddito familiare equivalente è (6.900/2,1)= 3.286. Confrontando il valore (equivalente) di soglia e il valore equivalente di reddito, la differenza è pari a (6.000 – 3.286)= 2.714. Infine per ottenere il valore monetario da quello equivalente si applica la scala: (2.714 * 2,1)= 5.700 euro.

In sintesi, in base alla formulazione attuale del D.L. 48 2023, che non applica una scala di equivalenza vera e propria nella fase della prova dei mezzi, i nuclei tipo di 4 e 5 componenti a basso reddito ipotizzati, che a oggi hanno diritto al RdC (rispettivamente 5.100 e 5.700 euro), non avrebbero diritto all’AdI, nonostante la presenza di un minore al loro interno. La formula corretta dell’AdI qui proposta garantisce invece una clausola di salvaguardia parziale, limitata ai nuclei percettori di RdC in cui è presente un soggetto ritenuto meritevole di tutela ai fini AdI, grazie alla quale non perdono il diritto al sostegno (da parte dell’AdI), che in generale risulta però ridotto nell’importo. La riduzione dipende in modo cruciale dai parametri della scala di equivalenza adottata: la riduzione del sostegno è pari al 25-30% applicando la scala dell’ISEE (rispettivamente 3.674 e 4.298 euro), ma sale al 40-45% se i parametri della scala sono analoghi ai “parametri di tutela” (2.831 e 3.293 euro).

E’ interessante notare che, se si aumenta ancora il numero di componenti non meritevoli di tutela attraverso l’AdI, l’importo resta fermo al livello del nucleo C sia per l’AdI corretto basato sulla scala con parametri analoghi ai “parametri di tutela” sia per il RdC, dato che in entrambi i casi la scala ha già raggiunto il valore massimo. Nel caso dell’AdI corretto basato sulla scala ISEE invece gli importi continuano a crescere, com’è coerente con il principio di equità dato che aumenta il numero delle “bocche da sfamare”: nucleo D (6 componenti), coppia con 4 figli di cui uno minore (> 2 anni) = 4.566 euro, nucleo D (7 componenti), coppia con 5 figli di cui uno minore (> 2 anni) = 4.784 euro, e così via.


* Le opinioni espresse in questo articolo non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.

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